TASSE CRYPTO al 33%: Mentre i bitcoiner CI INSULTANO, noi lottiamo per TUTTI !
Dal 2017 combatto per il settore con Criptovaluta.it, insieme a TheCryptoGateway e altri... mentre i "filosofi da tastiera" ci definiscono "schiavi mendicanti", noi lottiamo per una tassazione equa
Gentile lettore,
Era il 2017 quando ho fondato Criptovaluta.it!
Non l’ho fatto perché andava di moda in quel periodo, come invece qualche stolto su X in “crisi d’astinenza da polverine magiche”, ha provato ad asserire qualche mese fa in un dissing piuttosto pepato.
Non l’ho fatto perché tutti parlavano di Bitcoin o di qualche altra crypto in piena corsa, come se fossero galline dalle uova d’oro. L’ho fatto perché ci credevo profondamente. Chiamala visione imprenditoriale, ma io presi di petto quella scelta come quando intuisci che stai guardando il futuro negli occhi.
Otto anni dopo, con Criptovaluta.it che è diventato il crypto news media outlet più grande d’Italia – con picchi di traffico anche sopra 1.5 milioni di visualizzazioni/mese e oltre 100.000 iscritti sui nostri principali social - quella fede non è mai venuta meno. Anzi, si è rafforzata attraverso bear market devastanti, FUD istituzionale, truffe mediatiche e persino il crollo di ecosistemi che sembravano indistruttibili.
Ma oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi fa più male delle perdite di mercato. Qualcosa che mi fa incazzare più dei crolli improvvisi o delle truffe orchestrate. Parliamo di chi dice di amare Bitcoin ma poi odia chiunque cerchi di renderlo accessibile, equo e sostenibile per tutti.
Il 33% che divide: la tassazione crypto e l’ultimo spiraglio
Partiamo dai fatti.
In Italia, la tassazione sui profitti da compravendita di criptovalute passerà al 33% dal 2026. Lo sai già, ne abbiamo parlato diffusamente su Criptovaluta.it. Ma c’è ancora un piccolo spiraglio: un emendamento bipartisan è in discussione al Senato per cercare di mantenere l’aliquota al 26%, equiparandola agli assets della borsa tradizionale (tolte ovviamente le obbligazioni di Stato, ndr).
È una battaglia dell’ultimo minuto, disperata ma non impossibile. E se non dovesse funzionare l’emendamento, resta ancora il milleproroghe come estrema ratio.
La speranza – un po’ come Bitcoin – è l’ultima a morire, sebbene per molti pare sia morto almeno 393382022020 volte.
Ma mentre noi che lavoriamo nel settore reale delle crypto ci battiamo per questa battaglia concreta, sui social – soprattutto su X – prolifera una categoria di persone che definirei tragicomica: i puristi “bitcoiner” che ironizzano su chi chiede una tassazione equa che con il loro consueto stile ci definiscono “SCHIAVI DELLO STATO” oppure “mendicanti”. Ti giuro, non amo prenderti in giro: l’ho realmente letto!
Ma di preciso che lavoro fa il Bitcoiner? Quale è il suo ruolo e soprattutto quanto conta realmente nel complesso ecosistema Bitcoin o nell’industry di settore?
Fanno impresa, producono, pagano le tasse come noi, si cibano delle nostre stesse pietanze, respirano il nostro stesso ossigeno? Mi domando realmente questo in quanto spesso me li hanno descritti quasi come fossero una razza aliena, appartenenti ad un’altra galassia. Devo essere onesto con te: quando - per mia sfortuna - mi imbatto in qualche loro tweet, arrivo alla conclusione che forse non me l’hanno raccontata in modo poi tanto distorto dalla realtà.
Infine: quanto esso/i riescono a muovere in termini di numeri? Quant’è il loro peso specifico nell’informazione? Purtroppo per loro sono sempre meno: da quello che mi riferiscono alcune fonti a loro vicine, pare siano una sparuta minoranza, una sorta di setta di nemmeno tanto illuminati, che non fanno altro che insultare, dissare e bestemmiare nei confronti di chi la pensa in modo diverso dal loro, e che guarda a BTC anche come assets di investimento.
Tutte domande a cui credo e spero possa avere una risposta.
“Non essere schiavo dello stato, NON SEI UN MENDICANTE”: la retorica dei massimalisti da tastiera
Chissà se ultimamente li hai visti anche tu, quelli che scrivono frasi del tipo:
“Le tasse sono solo un numero. Per un vero bitcoiner non fa differenza se è il 26% o il 33%.”
“Non mendicare favoritismi dallo stato. Non essere uno schiavo.”
“Bitcoin è libertà. Chi chiede agevolazioni fiscali non ha capito nulla.”
Ecco, ogni volta che leggo queste frasi mi viene da ridere. O da piangere. Dipende dalla giornata.
Perché mentre questi filosofi da quattro soldi fanno i fenomeni su X dal loro appartamento, la realtà è molto diversa. La realtà è che Bitcoin è già utilizzato da istituzioni, da fondi sovranazionali, da governi, da BlackRock, da Fidelity, da Grayscale. La realtà è che l’adozione di massa – quella vera, quella che porti tua madre, tuo padre, tua zia a usare Bitcoin – passa anche attraverso una fiscalità equa e sostenibile.
Se davvero vuoi che Bitcoin diventi “la moneta di tutti”, sia sulla bocca di tutti - e non solo in termini negativi - e soprattutto vuoi che l’industry web3 continui la sua espansione anche nel Belpaese con startup pronte ad investire, come fai ad ignorare che una tassazione al 33% è oggettivamente un deterrente per milioni di persone? Come fai a dire che “le tasse sono solo un numero” quando per un piccolo investitore retail la differenza tra 26% e 33% può significare centinaia o migliaia di euro all’anno?
La narrativa del Bitcoiner è semplice: non vede BTC come investimento, quindi non lucrandoci, cosa gli importa della tassazione? Ma è pur vero che Bitcoin è di tutti, quindi molti altri lo vedono anche come strumento d’investimento e di spesa, per cui la sua espansione passa su più strade. Anche queste, sia se piace ai Bitcoiner sia che non piace.
Il paradosso del bitcoiner “libertario”
Ed ecco il paradosso più grottesco: questi personaggi si atteggiano a paladini della libertà, ma in realtà sono dogmatici come fascisti.
“Bitcoin è di tutti” – dicono. Ma poi se qualcuno chiede che Bitcoin sia davvero accessibile a tutti attraverso una tassazione equa, ti insultano. Ti danno dello “schiavo dello stato”. Ti definiscono un “mendicante”, solo perchè fai proclami pubblici sui tuoi social - seguiti da centinaia di migliaia di persone - facendo informazione in qualità di testata giornalistica iscritta (la libertà di stampa, quella sconosciuta…) al fine di cercare di sensibilizzare sulla questione.
Cari “amici Bitcoiner”, la rivoluzione non si fa con gli slogan su X insultando chi non la pensa come voi.
La rivoluzione si fa lottando concretamente perché le istituzioni trattino le criptovalute con la stessa dignità dei mercati tradizionali. Si fa cercando di evitare aberrazioni normative come quella attuale: derivati crypto (CFD, futures, opzioni) tassati al 26%, ma detenzione diretta di Bitcoin ed Ethereum al 33%.
Ma davvero ha senso?
Dal 2026, qualora la legge restasse cosi: Se compro un ETF su Bitcoin tramite il mio broker tradizionale, pago il 26, così come un qualsiasi altro derivato. Se compro Bitcoin in modalità reale - SPOT - su un exchange, pago il 33%. È pura follia burocratica che in un certo senso sembra quasi agevolare il “gioco d’azzardo” e il casinò, perdonami se lo dico.
Il ruolo etico dei media crypto: noi non siamo influencer da quattro like
Arrivo al punto che mi sta più a cuore.
Io non sono un influencer che ha aperto un canale YouTube ieri e oggi fa il filosofo su Bitcoin. Io ho fondato Criptovaluta.it® nel 2017 – il crypto news media outlet più grande ed autorevole d’Italia. Otto anni di duro lavoro e quotidiane battaglie per arrivare sin qui… nel mentre, da oltre un anno e mezzo, siamo impegnati per rinnovarci completamente nel 2026 - colgo la pubblica occasione per ringraziare il collega Francesco Galella che è in stretta sinergia con me e l’operato del team dev, per la realizzazione della nuova Criptovaluta.it.
Criptovaluta.it non è un blog personale. È la più longeva testata giornalistica registrata in Italia verticale sul mondo Bitcoin e crypto, riconosciuta dai maggiori media internazionali come Decrypt, BeInCrypto e TheBlock. È il punto di riferimento per 1,4 milioni di visite mensili e 43.000+ iscritti su Telegram che si fidano di noi per prendere decisioni informate.
E con tutti gli altri principali attori protagonisti della scena crypto italiana come Luca Boiardi di The Crypto Gateway, l’influencer più grande del settore crypto in Italia (ma anche altri, ndr) abbiamo una responsabilità ancora più grande: quella di usare la nostra voce, la nostra reach, la nostra credibilità per batterci concretamente per il nostro settore.
Quando hai questa responsabilità, hai anche un dovere etico, civile e morale: quello di battersi per il tuo settore.
Non chiediamo favoritismi. Non chiediamo sconti fiscali o corsie preferenziali. Chiediamo equità. Chiediamo che chi investe in Bitcoin non venga trattato peggio di chi investe in azioni Apple o in ETF sul Nasdaq.
La responsabilità di chi ha voce
Basti pensare che il giornale Criptovaluta.it e relativi social principali e l’ecosistema social di Luca The Crypto Gateway insieme raggiungono milioni di persone ogni anno. E non ci prendiamo questa responsabilità alla leggera.
Quando scriviamo un articolo su Criptovaluta.it, sappiamo che migliaia di persone prenderanno decisioni basandosi sulle nostre analisi. Quando pubblichiamo una news esclusiva, sappiamo che può influenzare il sentiment di mercato. Quando The Crypto Gateway parla, la sua community lo ascolta.
Ed è proprio per questo che non possiamo stare zitti mentre il settore viene tartassato con una tassazione iniqua. Abbiamo un dovere etico, morale e di rispetto nei confronti di chi ogni giorno ci segue, alla stregua di tutto. Lottiamo per gli stessi ideali, non possiamo fare finta di nulla. Ancor meno vogliamo che la nostra libertà di stampa e di espressione venga assicurata-.
Non possiamo limitarci a pubblicare la notizia e dire “vabbè, pazienza”. No. Dobbiamo combattere. Dobbiamo usare la nostra influenza, la nostra credibilità, la nostra audience per spingere affinché si arrivi a una soluzione equa.
Questo non ci rende “schiavi dello stato”. Ci rende professionisti responsabili che vogliono il meglio per il loro settore e per i loro lettori.
Bitcoin nelle istituzioni: la rivoluzione è già dentro il sistema
E poi c’è un altro aspetto che i puristi da tastiera sembrano ignorare bellamente: Bitcoin è già dentro il sistema.
Nel 2024, gli ETF spot su Bitcoin hanno raccolto decine di miliardi di dollari. BlackRock – sì, quella BlackRock – gestisce miliardi in Bitcoin attraverso il suo ETF. Fidelity, Franklin Templeton, Ark Invest. Tutti dentro. Tutti istituzionali. Tutti regolamentati.
MicroStrategy ha già oltre 5 miliardi di dollari in Bitcoin nel bilancio. Tesla ha Bitcoin. El Salvador ha fatto di Bitcoin una valuta legale. Gli Stati Uniti discutono di riserve strategiche in Bitcoin.
Ma secondo i puristi, tutto questo non conta. Perché “Bitcoin è fuori dal sistema, è libertà, è rivoluzione”.
Ragazzi, svegliatevi.
La rivoluzione non è stare fuori dal sistema urlando contro i mulini a vento. La rivoluzione è cambiare il sistema dall’interno, far sì che Bitcoin venga trattato con la dignità che merita, far sì che milioni di persone possano investirci senza essere penalizzate rispetto a chi investe in azioni, obbligazioni o addirittura in un CFD o Perps a leva !
L’ipocrisia di chi “ha capito tutto”
Ecco cosa mi fa più rabbia di questi personaggi: la loro supponenza.
Si atteggiano come se avessero capito tutto, come se chi lavora ogni giorno per migliorare la situazione fiscale e normativa delle crypto fosse un “povero illuso che non ha capito il vero senso di Bitcoin”.
Ma voi chi siete per dirmi cosa ho capito o non ho capito di Bitcoin? Da chi siete stati insigniti? Vi siete pregiati a “paladini del giusto” in merito alle narrative su Bitcoin, senza che nessuno vi abbia mai insignito della carica.
Non esiste alcun privilegio, premio o certificazione lecita che dichiari costoro come parte del giusto su Bitcoin rispetto a noi altri.
La battaglia per il 26%: non è favoritismo, è giustizia
Torniamo alla battaglia concreta.
Chiedere che la tassazione sulle crypto rimanga al 26% non è un favoritismo. È una questione di equità fiscale.
Oggi, in Italia:
Azioni, obbligazioni, ETF: tassate al 26%
Derivati su crypto (CFD, futures, opzioni): tassati al 26%
ETP su Bitcoin ed Ethereum: tassati al 26%
Crypto detenute direttamente: tassate al 33% (dal 2026)
Ditemi voi se ha senso.
Se compro un ETF su Bitcoin, pago il 26%. Se compro Bitcoin direttamente, pago il 33%. Ma stiamo scherzando?
Questa non è una questione ideologica. È una questione di logica normativa. E noi media abbiamo il dovere di urlarlo forte e chiaro: questa disparità è un’aberrazione.
Il nostro impegno: dietro le quinte e in prima linea
Quello che molti non sanno è che si sta lavorando anche sotto traccia.
Come riportato nella nostra esclusiva su Criptovaluta.it, ci sono incontri informali tra esponenti del settore crypto e rappresentanti istituzionali. Persone che conosco, che stimo, che stanno cercando di far capire alla politica che questa tassazione è sbagliata.
Non posso fare nomi – ci è stato chiesto l’anonimato – ma vi assicuro che c’è chi si sta spendendo concretamente per evitare questo disastro.
E noi media? Noi facciamo la nostra parte. Pubblichiamo articoli, diffondiamo informazioni, creiamo pressione mediatica, spieghiamo ai nostri lettori perché questa battaglia è importante.
Perché alla fine, questa non è solo la battaglia dei trader o degli investitori. È la battaglia di chiunque creda che le criptovalute debbano avere lo stesso trattamento degli altri strumenti finanziari.
Cosa succederà se perderemo questa battaglia?
Se l’emendamento non dovesse passare, e se anche il milleproroghe dovesse fallire, dal 2026 avremo una situazione paradossale:
Nessuna franchigia: anche i micropagamenti saranno eventi fiscalmente rilevanti
Tassazione al 33% su tutti i profitti da compravendita di crypto
Disparità assurda tra chi usa strumenti derivati (26%) e chi detiene direttamente (33%)
E sapete cosa succederà?
Molti investitori retail lasceranno il settore. Molti trader si sposteranno su broker esteri. Molte aziende crypto sposteranno le loro sedi fuori dall’Italia.
Non perché “sono schiavi mendicanti dello stato” o perché “non hanno capito un cazz* di Bitcoin”. Ma semplicemente perché non ha senso essere penalizzati rispetto a chi investe in azioni o fondi tradizionali.
E poi, quando l’Italia sarà rimasta indietro rispetto agli altri Paesi europei in termini di adozione crypto, questi stessi politici che oggi alzano le tasse si chiederanno “ma come mai siamo rimasti indietro?”.
Noi non molliamo. MAI!
Detto questo, voglio essere chiaro su una cosa: noi non molliamo per nessuna ragione al mondo. In criptovaluta.it abbiamo alcune parole in blacklist: tra queste figurano proprio i verbi “mollare”, “perdere” o “fallire”.
Anche se questa battaglia dovesse essere persa, continueremo a lottare. Continueremo a informare, a spiegare, a fare pressione. Perché questo non è un lavoro per noi. È una missione.
Quando ho creato Criptovaluta.it non l’ho fatto solo per soldi. L’ho fatto perché credevo – e credo ancora – che le criptovalute rappresentino un’opportunità storica di democratizzazione finanziaria. E ritengo altresì plausibile che questa democratizzazione non può avvenire se trattiamo Bitcoin come un asset di serie B rispetto alle azioni Apple o agli ETF sul S&P 500.
Per questo continueremo a batterci. Per questo continueremo a usare la nostra voce. Per questo continueremo a dire la verità, anche quando scomoda, anche quando ci attaccano, anche quando i puristi da tastiera ci danno degli “schiavi dello stato”.
La vera rivoluzione: rendere Bitcoin accessibile a tutti
E arrivo alla conclusione.
Bitcoin è di tutti. Davvero. Ma per essere davvero “di tutti”, deve essere accessibile, deve essere equo, deve essere sostenibile.
Non è accessibile se una tassazione punitiva scoraggia i piccoli investitori.
Non è equo se chi usa derivati paga il 26% e chi detiene direttamente paga il 33%.
Non è sostenibile se l’Italia rimane indietro rispetto agli altri Paesi europei.
La vera rivoluzione non è quella urlata su X, dove spasmodicamente si insulta chi diverge con le idee proprie della nicchia, o meglio setta!
La vera rivoluzione è quella costruita giorno dopo giorno, battaglia dopo battaglia, articolo dopo articolo, da chi lavora concretamente per migliorare questo settore.
E noi – Criptovaluta.it come il crypto news media outlet più grande d’Italia, TheCryptoGateway come l’influencer più grande del settore, e tutti i media seri che informano questo ecosistema – continueremo a fare la nostra parte.
Perché questa battaglia la vinciamo insieme. Media, influencer, trader, investitori, istituzioni illuminate. Non con gli slogan, ma con i fatti. Non con la filosofia da tastiera, ma con l’impegno concreto.
E se anche dovessimo perdere questa battaglia, ne combatteremo altre. Perché noi non molliamo mai.
Un saluto dal tuo affezionatissimo e arrivederci a lunedì prossimo!
Alessio Ippolito


Complimenti per l’ottimo contenuto e per gli accurati punti trattati, che fanno soprattutto riflettere tanto e che ben si allineano (al di là di chi ha le bende sugli occhi) al contesto attuale…
Orgoglioso di partecipare alla battaglia 💪🏻
Ahh Il famigerato massimalista Bitcoin libertardo, quello che vive sulla luna e basa la sua vita su teoriche e utopistiche applicazioni del NAP? Belle personcine